T. Grafen
- Laureata in Germanistica e in Filosofia
TRANSIT
A volte vedere un film ispirato a un’opera letteraria che ho letto molti anni addietro mi induce a riconsiderare il libro con l’esperienza di oggi. E’ il caso de La donna dello scrittore, liberamente tratto dal romanzo di Anna Seghers Transit (visto di transito), titolo indubbiamente più efficace di quello del film.
Anna Seghers
Anna Seghers (1900- 1983), scrittrice tedesca molto impegnata politicamente, costretta dal regime nazista all’emigrazione, è autrice di romanzi caratterizzati da una approfondita analisi socioeconomica della Germania di Weimar e di quella nazista, anche se talora eccessivamente didascalica. I suoi personaggi sono ricchi di umanità, di coraggio, possiedono una statura morale importante: spesso sconfitti, mai rassegnati. Vale la pena di ricordare qualche titolo: La rivolta dei pescatori di Santa Barbara (1928) che la rese famosa, La settima croce (1942), da cui fu anche tratto un film nel 1944, con la regia di Fred Zinnemann.
Transit, scritto durante l’“esilio” in Messico e pubblicato nel 1943, è dominato da una atmosfera tragica che scandisce lo svolgersi degli accadimenti. Il protagonista, del quale non conosciamo il nome, (a sottolineare una situazione universale) narra le vicende in prima persona. Sfuggito a un campo di concentramento in Francia, incontra un amico che gli affida l’incarico di consegnare un plico allo scrittore Weidel. Questi però si è suicidato. A partire da questa macabra scoperta inizia il viaggio del protagonista verso Marsiglia, una città stremata dall’attesa dell’occupazione nazista. Una serie di eventi segna la seconda parte della storia: l’incontro casuale della moglie di Weidel, Marie, ignara della sua morte, l’assunzione da parte del protagonista dell’identità dello scrittore morto, al fine di ottenere il visto di transito per il Messico, il suo sacrificio finale, affinché sia il medico, amico di Marie, a poter utilizzare il visto, e a mettersi in salvo con lei. Infine il tragico epilogo deciso da un destino beffardo che fa colare a picco la nave.
Nel romanzo si condensano molti temi. Il Leitmotiv è l’attesa. L’attesa del visto di transito che appare l’unica via possibile per sottrarsi all’occupazione nazista. Ma anche la logorante attesa di un popolo consapevole del fatto che presto perderà la libertà. Non meno importanti sono gli altri temi, il senso di colpa e l’amore come catarsi. Appaiono altresì fondamentali gli incontri del protagonista con persone diversissime tra loro, tutte in attesa del visto di transito: dai loro discorsi si evincono frammenti di dolore misto a pietà, che la Seghers è abilissima nel mettere a fuoco. Questo aspetto essenziale del racconto non assume lo stesso rilievo nel film del regista Christian Petzold (Hilden 1960), da sempre affascinato dalle situazioni drammatiche e dai personaggi profondamente umani. Si pensi a La scelta di Barbara (Orso d’argento a Berlino nel 2012) incentrato sulla conflittualità tra le due Germanie o a Il segreto del suo volto (2014), sul tema dell’identità.
La donna dello scrittore risulta assolutamente fedele al romanzo nella narrazione, ma il regista traspone la storia nella dimensione contemporanea, per sottolinearne l’emblematicità universale. Operazione sicuramente interessante, che tuttavia, nonostante la bravura degli interpreti, qua e là mostra la corda.
PURTROPPO IL LIBRO ATTUALMENTE ESISTE SOLO IN EDIZIONE INGLESE E TEDESCA
Tomba di Anna Seghers a Berlino
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